È ora

È passato qualche giorno dal 16 ottobre, e mi ero ripromesso da parecchio tempo di buttare giù due righe per i 20 anni del film “Radiofreccia”.

Ho sempre amato la radio come mezzo di intrattenimento, fin da quando ero bambino. In determinati momenti della mia vita, quando la televisione era un lusso (sì ho attraversato periodi così…ma è un’altro capitolo) avevo solo la radio a tenermi compagnia. Ascoltavo una delle prime “radio libere” di Milano, sentivo quelle voci che mi raccontavano di notizie, giornate, eventi e musica, e da solo non mi sono sentito mai. Soprattutto di notte, quando mi chiedevo chi mai ci fosse in onda dall’altra parte, ad ascoltare canzoni e persone parlare.

Li ho anche conosciuti quegli speaker, perchè da bambino ti domandi come sia fatta la faccia di chi parla per così tante ore al giorno. E grazie ad un gioco in quella radio nel quale dovevo indovinare una canzone, ho vinto un dizionario, dizionario che mi ha accompagnato all’esame di quinta elementare (sì faccio parte di quelli che han fatto l’esame di quinta), terza media e maturità.

E indovinate qual era la canzone?? Radiofreccia.

Il film l’ho visto molti anni dopo, quando ho capito il vero significato delle Radio Libere e della libertà di raccontare una storia. La propria storia, ma anche quella di altri. E alla fine, Bruno Iori è un po’ come noi, quelli che vivono attraverso di sè la storia di tanti altri. Che quando cerchi di scappare da un paesino di 20 mila abitanti (o meno) è come scappare un po’ da sè stessi. E a volte, scegli di smettere perchè, semplicemente, è ora.

E vi lascio con queste parole, quelle di Freccia, che restano scolpite nei nastri senza tempo.

“Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards.
Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l’affitto ogni primo del mese.
Credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi.
Credo che un’Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa.
Credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos’altro bisogna fare i conti con quello che c’è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche Dio.
Credo che se mai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecento mila al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose.
Credo che c’ho un buco grosso dentro, ma anche che il rock n’ roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici ogni tanto questo buco me lo riempiono.
Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx.
Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti ti serve molta energia. Ecco, allora vedete un po’ di ricaricare le vostre scorte con questo…”