Natale Famigliare

Tutti abbiamo dei ricordi associati al Natale. Tutti, a prescindere da quanto ci possa piacere o meno questo periodo dell’anno. E questa è una breve favola, che sembra una storia vera (o viceversa) per augurarvi Buon Natale.

Il primo Natale di cui ho memoria è quello dell’anno 1991, il che può suonare strano ai più, ma ho un’ottima memoria. Ed è stato uno dei Natali più traumatici della mia vita. Bel modo di cominciare una favola!
Un mio cugino acquisito aveva avuto la bella pensata di presentarsi in casa vestito da Babbo Natale. Il che non dovrebbe suonare strano, però sarà stata la barba o il rosso, sono esploso a piangere per la paura. Ho pianto talmente tanto che quel giorno mi è venuta pure la febbre alta. Non ho più creduto a quell’infamone di Babbo Natale fino alle scuole elementari (ho iniziato a crederci sostanzialmente perchè era mainstream), per me il portatore ufficiale dei regali era Gesù Bambino fino al 1995.

Non lo nascondo, da bambino non vedevo l’ora di Natale perchè ho sempre avuto la fortuna di ricevere montagne di regali. Letteralmente, montagne. E i miei genitori, che in alcuni anni ho scoperto successivamente non avrebbero potuto permetterseli tutti quanti, han sempre fatto i salti mortali per farmi passare Natale nel modo più felice. Sacrificandosi loro stessi, sacrificando i loro regali o tanti piccoli sfizi, per farmi sorridere e credere un po’ a quella magia. Si erano pure inventati la storia che ogni sabato e domenica loro, prima di Natale, andavano ad incontrare Babbo Natale (perchè nella mia testa loro erano “potenti” per parlare direttamente col capo del Natale) per trattare con lui per la lista di regali. In realtà, ma l’ho capito solo anni dopo, giravano metà negozi della provincia per cercare dove i regali costassero un po’ di meno, o dove magari riuscivano a trovare il giocattolo “non originale”, tanto lo sapevano che sarei stato felice ugualmente. Perchè, soprattutto i Natali ’97 e ’98 erano stati duri. Molto duri. Ma loro facevano di tutto per non farmi perdere la magia che respira un bambino a Natale.

Da piccolo mi ricordo che, più per spinta di mia madre che per altri motivi, si andava a messa la sera del 24 come molte svariate di milioni di italiani. Ma io non vedevo l’ora di andarci perchè sapevo che mentre noi eravamo via sarebbe arrivato il foriero di doni. Un anno mio padre mi aveva portato un montoncino, e io con orgoglio l’avevo indossato prima di andare a messa. In pratica sembravo un triangolo del traffico, ma orgoglioso del suo cappottino. Era il ’94. Mio nonno che viveva con noi era morto appena un paio di settimane prima, e gli avevo chiesto di portarmi il Topo Gigio Dolce Nanna. La mia domanda era se quel pupazzo sarebbe arrivato ugualmente. L’ho trovato (ovviamente) tra i regali, e nella mia testa ero sicuro che mio nonno avesse parlato con Gesù Bambino per farmi arrivare Topo Gigio. Quel pupazzo è ancora in camera mia, ha viaggiato con me per il mondo, ha 24 anni e si sta laureando in legge oramai. E la messa è diventata una questione personale, alcuni anni ci vado (alcuni Natali particolari) altri no.

Ma a causa della morte di mio nonno, ci eravamo trovati noi tre da soli nei Natali successivi. E quindi, vuoi per colmare quel vuoto vuoi per farmi sorridere un po’, il giorno di Natale eravamo soliti andare al cinema a guardare il classicone Disney di turno. Il primo che ho visto è stato il Re Leone. Epico. In più parlava di una storia “famigliare” quindi è rimasto particolarmente impresso ai miei vecchi.

Pochi anni dopo, nel ’96, venne mia nonna a vivere con noi, e la casa è tornata a popolarsi di parenti nei giorni di Natale e Santo Stefano. Un po’ di baccano che mi divertiva alla fine, mi è sempre piaciuto il via vai di persona. Una particolarità di mia nonna: ovviamente anche lei veniva in chiesa (poi da brava veneta figurati se si sarebbe persa la messa di Natale) e durante il tragitto mi diceva frasi del tipo “Secondo me quest’anno i regali saranno impacchettati in solo due scatoloni”. Tornavamo a casa dopo la messa e puntualmente mia nonna azzeccava l’impacchettamento, e mi chiedevo “ma come fa questa ad azzeccarlo ogni anno??”. E poi, un po’ come tutti gli emigrati che vivevano i pranzi e le cene in famiglia come un simbolo di “riscossa sociale”, se il prazo non durava fino alle 23.00 per mia nonna non sarebbe stato Natale.

La magia del “Babbo Natale” foriero di doni è durata fino al ’99. Quell’anno mi ero ammalato e la sera del 24 avevo un febbrone bello tosto. Ma io ugualmente ero rimasto sveglio fino a mezzanotte, anche un po’ per aver la soddisfazione di beccarlo almeno per un anno quel tizio che, manco fosse stato un topo di appartamento, entrava ogni anno in casa a portarmi regali. Ebbene, mezzanotte, mezzanotte e dieci. Nessuno arrivava. E le lacrime sono arrivate e sono corso dalla mamma, che ovviamente russava da un po’. Mia madre bofonchiò qualcosa in veneto e poi è arrivata con la borsa con dentro i regali. La sua affermazione è stata “Sveglia, usi il computer tutto il giorno ormai, secondo te Babbo Natale esiste?”. Secondo trauma Natalizio, mezz’ora di pianto. Ma alla fine, quando ho ricollegato il cervello, ho capito che con o senza tizio rosso, il senso cambiava poco.

Poi sono iniziati i Natali da “grande”. Alcuni anni abbiamo avuto la fortuna di passare i giorni prima di Natale via (“Mamma mi porti a vedere i mercatini di Natale?” Taac due giorni in Tirolo, “Mamma mi piacerebbe passare il Natale a Venezia” Taaaac subito a Venezia…in quegli anni girava un bel po’ di soldo.) e i regali addirittura li vedevo sotto l’albero giorni prima, o addirittura andavo io a prenderli con i miei (visto la natura tecnologica preferivano la mia consulenza al momento dell’acquisto) e diligentemente li riponevo sotto l’albero senza aprirli. A differenza di quanto faccio ora che affermo sempre “No tranquilli, non li apro fino a Natale” e invece li apro appena la persona in questione si gira. Ma sono in ogni caso diligente, non li tocco fino al giorno di Natale. 

E piano piano si cresce anche a Natale. Il mio presepe “naif” fatto con le sorprese degli ovetti Knider ha lasciato il posto a presepi artigianali o antichi, e l’albero di Natale bianco che avevo da bambino nel 2004 ha pensato bene di suicidarsi cadendo (a Marzo). E i regali piano piano sono spariti, un po’ per scelta e un po’ perchè alla fine gli sfizi ce li togliamo un po’ tutto l’anno.

E da un po’ di anni siamo tornati noi tre da soli. Mia madre fa comunque da mangiare per un reggimento di alpini, e noi in un giorno riusciamo a spazzolare tutto. L’ultimo anno nel quale c’è stato un po’ di movimento è stato quando la mia fidanzata dell’epoca (2013) è rimasta da noi per il periodo delle feste. Uno dei peggiori Natali che ricordi, ed è meglio che sia diventata una ex. Ma, come quest’anno, il regalo più bello che possiamo farci tra noi è il riposo, e molta tranquillità. Molta tranquillità e pace tra noi e tra tutte le altre persone.

Ho voluto scrivere questo raccontino, un libero flusso di coscienza con voli logici notevoli, perchè tutti gli anni quando arriva il periodo delle festività mi trovo a tirare una riga e a fare bilanci di un po’ di tutto. Ho raccontato i miei Natali perchè ogni anno vorrei aggiungere un pezzettino, qualcosa. Sono i Natali miei con la mia famiglia, e sono ricordi per i quali vale la pena essere malinconici. Ora, che piano piano con sacrifici, sforzi e fatica sto vedendo i miei sogni realizzarsi, sto cercando di capire cosa sarà il Natale per me, Edoardo, che non ha mai il tempo di fermarsi riposare e alzare gli occhi al cielo. Resta sempre un po’ l’amaro in bocca, come se mancasse qualcosa, un fondo di dolcetto che scalda il cuore durante le festività.

Ma alla fine quel dolce è differente e ognuno di noi deve cercarlo per sé e per coloro ai quali vuole bene, e anche perchè a Natale un sorriso e un augurio non lo si nega mai.

Un Sereno Natale a tutti voi e a chi vi sta vicino.

Edoardo