Parliamone. Episodio III: Formazione e Innovazione

E ora, arriviamo alla parte che mi sta più a cuore. Nel PD ci ho creduto. Ci credo tutt’ora. Ho dedicato anni alla costruzione di questo partito. Sarebbe ipocrita dire che non sperassi in un esito diverso, ma serve a poco parlare dei desideri ora.

C’è tanto da capire, da analizzare, da studiare. Ma soprattutto, bisogna tirarsi su le maniche, letteralmente, e lavorare dentro questo partito. Non esistono più gli schemi tizio sta con caio, sempronio con l’altro. Deve esserci una ricostruzione collegiale.

E quanto emerso dalla direzione va (si spera proprio) esattamente a scavare questo solco. Collegialità, fatica, analisi. In una parola Politica, con la P maiuscola.
Gli errori dopo il 4 dicembre sono stati tanti, errori dei quali tutti noi dobbiamo prenderci un pezzettino di responsabilità. Determinate scelte le abbiamo avvallate, altre recepite senza dire beh.

Ma soprattutto, abbiamo creduto di essere noi stessi il popolo che volevamo rappresentare. Sbagliatissimo. Eletto ed elettore devono dialogare, quando l’eletto crede egli stesso di essere il rappresentato si viene a creare un loop che porta il rappresentante ad isolarsi, e l’elettore a guardare altro, a guardare altri che danno quel dialogo. Il come non sto ad indicarlo, ognuno cerca la sua modalità.

E non solo. Spesso abbiamo creduto di essere noi stessi quel messaggio positivo che volevamo portare. A volte ci siamo riusciti, e a volte no. E così facendo anche le nostre convinzioni politiche più profonde, quelle di essere veramente accanto agli elettori, nel territorio e nella società sono state rispedite ai mittenti.

Abbiamo lottato come leoni in questa campagna elettorale, abbiamo avuto in mano l’unica vera macchina da campagna elettorale, ma l’abbiamo usata solamente con noi stessi.

La chiave della partenza sarà quella più semplice, ma al contempo quella più alta politicamente: ripartire dall’ascolto della gente, ma non della “nostra” gente, di tutta quanta la società. Far rivivere i circoli, che oggi (i più) sono in uno stato comatoso dove il Segretario è poco più di un compila tessere. Va ridata legittimità e dignità a Circoli e Segretari di operare (autonomamente!!!!) nel proprio territorio, con i propri cittadini. E ciascuno di noi deve sentirsi parte di un processo politico più grande, non l’ultimo pezzo di un motore talmente grande da non riuscire a muoversi.

E fin qui direte “Beh, hai ripetuto la direzione di oggi, clap clap”. Manca un pezzo, un pezzo tutto mio, che riguarda il nuovo, la novità, il futuro.

Che finora abbiamo creduto che si autocreasse, che nascesse per partenogenesi da un corpo esistente. Certo, se non viene coltivato avviene ciò. Ma da un corpo “malato” non può che nascere un futuro simile a quel corpo.

Il futuro va coltivato, va formato, va curato. Va costruito. Le nuove generazioni vanno educate, educate fin dall’inizio a cos’è un partito, perchè è importante esserci per costruirne il futuro. Perchè tutto ciò costa fatica, che può sembrare vana all’inizio, ma che alla fine porta un risultato, grande o piccolo che sia. E formazione va intesa in ogni ambito del dialogo con la società che vogliamo rappresentare.

E formare una nuova generazione vuol dire innovare, innovare nei modi di essere presenti in un territorio, dare un’immagine differente di quell’idea, di quella proposta. Sperimentare, creare, in altre parole vivere. E anche questo vuol dire costruire il PD. Vuol dire dare un respiro differente alla politica di domani.

Buona fortuna PD.
Certo che sopravvivrai,
Edoardo Pivanti