Poco dopo compaiono le luci

Non ne ho mai fatto un mistero: adoro le città. Ma le città grandi, molto grandi. Il motivo è semplice, sono affascinato dal movimento di persone, dalle storie che per brevi istanti si sfiorano e poi non si incroceranno mai più, o magari sì. Sono affascinato da luoghi che non sono tuoi, non fanno parte del tuo angolo di mondo, ma che trasmettendoti qualcosa ne diventano parte. E gli occhi ne costruiscono un’immagine che vedi solo tu

Non vivo in una città, quindi di volta in volta con ciascun articolo di questa “rubrica” probabilmente chi ci vive si sentirà “offeso” da alcuni aspetti, o li farà riflettere di volta in volta. Non sarà mai una visione con la superbia di essere assoluta e unica, è semplicemente la mia.

Ma se è vero che una città non è solo di chi ci vive ma anche di chi l’ha vissuta, beh ecco qui i non luoghi delle mie città. Comincio da quella che tanti vivono tutti i giorni: Milano

Eh già, Milano per chi fa toccata e fuga (o pendola tutti i giorni) spesso può sembrare una grande stazione, quella nella quale arrivi per poi infilarti in metropolitana e andare dove serve o dove devi.

Duomo, vie dello shopping, piene di turisti che non hanno fretta o persone che ne hanno troppa. In ogni caso entrambi si perdono i dettagli che fanno davvero la differenza.
E i dettagli li noti tutti quando svolti un po’ per caso un po’ per necessità in quelle vie che nessuno percorre, nelle quali non c’è la metropolitana (per chi viene da fuori come me i mezzi di superficie sono il nemico pubblico numero 1) e ci vai per due motivi: o ci vai perchè devi o ti sei perso camminando.

E forse scopri in quelle vie dei piccoli angoli di paesino, che sì forse Milano è grande, ma a volte non così tanto, e ti scalda il cuore. Ti sembra di sentire le storie che ci sono dentro quei palazzoni, che non sono così diverse dalle tue, che vieni da chissà dove.

Ma siamo a febbraio e quindi imbrunisce presto. Il tramonto ha un colore diverso, non è uniforme, è un arancione “spezzato” dalla città stessa. Poco dopo compaiono le luci, e sì sembrano quelle della canzone “Luci a San Siro” (ma metteteci qualunque quartiere che abbia significato qualcosa per voi, l’effetto è lo stesso), avvolte da una nebbiolina, che non è la stessa che viene su dai campi la sera o al mattino presto. Non sai se quelle luci si accenderanno ancora o no, però fa freddo, e ti imbacucchi in una sciarpa di quelle belle spesse che tengono caldo. Non le guardi ma ti fanno compagnia.

Sai che devi tornare a casa, e allora o ti infili una stazione (una qualunque, a Cadorna o Centrale ci arrivi in qualunque modo) o prendi un tram o filobus il 90% delle volte a caso (in quel caso il nemico vince) sperando che ti porti vicino ad una fermata della metro. E dopo un po’ di volte che lo fai ti senti un po’ Jannacci che cantava storie del suo quartiere, o Celentano, o uno di quei personaggi che popola Milano. Ti senti un pochino come loro, non tanto ma quanto basta. E anche tu hai il tuo pezzettino di Milano e la tua storia da cantare a qualcuno, o che non canterai mai.

Ma sai che è ora di prendere il treno, e devi tornare a casa. Le luci si sono spente, fino alla prossima storia.