Tanto Roma non scapperà mai

“Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla”. Ecco, io musicalmente sono una capra: stonato, senza orecchio musicale.

Ma quando arrivo a Roma, in bus, treno o aereo poco importa, mi vedo come uno di quei quattro ragazzi. Sulle spalle ho sempre qualcosa, sia esso il mio fido zainetto o un carico più metaforico. D’altronde sai che prima o poi tutto finisce a Roma: per lavoro, per beghe, per politica o altro, a Roma ci si va.
E si comincia con una colazione, caffè e cornetto (consiglio sempre quello del Bar della stazione Tiburtina con il cornetto al pistacchio è “la morte sua” soprattutto se arrivi dopo 6 o più ore di pullman) con il quale il bicchiere d’acqua è offerto, senza nemmeno chiederlo. Per un amante del rito del caffè è una manna.

Poi comincia la camminata, che è sempre lunga e interminabile quando sei a Roma, per arrivare alla meta, ovunque e qualunque essa sia. Ogni volta resto scioccato dal modo di guidare nella città eterna: mentre a Milano è veloce e frenetico, a Roma trovo oltre alla frenesia anche la sregolatezza. Sorpassi a destra, a sinistra, sopra, sotto, scooter che spuntano. Non vorrei mai essere nei panni di un autista che tutti i giorni guida in centro a Roma.

Ma tanto sono a piedi, e generalmente taglio per vie semi-sconosciute, o meglio vie dove il turista normalmente non passa (un po’ come la mia passeggiata per Milano dello scorso articolo), e già solo il nome rievoca storia, sapore antico. Via della Suburra, Via dei Serpenti, Via Panisperna e così via…e pensi subito a chi prima di te ci è passato, se era una persona importante o meno, se qualcuno in quella via ci ha costruito un pezzo di storia o meno. Ti chiedi anche se o come sarà quel pezzettino di storia tua che stai costruendo a fatica, e se quella via ci entrerà in qualche modo, o viceversa.

Sono domande che ti poni passeggiando per Roma, soprattutto alle 7 del mattino, quando la città non è ancora totalmente sveglia. Poi là in fondo ad una via vedi il Colosseo, poi passi avanti e alla fine di una scalinata nascosta ti trovi all’inizio di Piazza Venezia, che con il sole dell’alba ha un colore rosa-rossastro.

Non contento fai un giro al Pantheon, dove accendo una candela ogni volta (sono fissato con i ceri, una sorta di gesto di buon augurio irrazionale). Ma la giornata deve iniziare, e il tutto assume una tinta più caotica, più incasinata. Chiamate, esci di qui entra di là. E senza manco accorgertene il sole già cala e le luci si accendono.

Fai il percorso al contrario rispetto al mattino, ma c’è una cosa che ti accompagna ora: il tempo. Eh sì, a Roma solo una cosa sembra essere interminabile, infinita, il tempo. Roma è sempre lì non scappa. Ad ogni angolo di strada c’è qualcuno che si lamenta per questa o quella cosa che non va nella città: a’ monnezza, er Sindaco, li tassinari, e’ manifestazioni…ma sono sicuro se a qualcuno di questi chiedi “Ma tu che hai fatto per Roma?” la risposta sarà sempre “Ma che voi fa’ a’ rigazzì?”.

Nella mente cominciano a partire diverse canzoni, una su tutte “Notte Prima degli Esami”, nella quale rivivi sempre un po’ le tue passeggiate. Oppure qualche canzone di Baglioni, bella da ascoltare se si vive Roma in due, e non ho ancora avuto questo piacere purtroppo.

Ma il tempo non finisce mai, a Roma davvero non viene misurato con lo stesso metro delle altre città. E non sai se sentirti un Marchese del Grillo dei nostri giorni, uno di quelli che si lamentano della città o il ragazzo cantato da Venditti che non sa se prenderà o meno la maturità a conclusione del suo “cammino”.

Ora riparti (bus, aereo, treno o altro) ma poco importa, Roma sarà sempre lì ad aspettarti.