Una generazione di accolli

Durante le feste riesco a ricreare il clima giusto per fare una cosa che colpevolmente faccio troppo poco durante l’anno: leggere un libro.

Non che non lo faccia normalmente, ma pantofole, calorifero e ciucciodolcetti di varia natura rilassano nel modo giusto. E volutamente, mi sono fatto regalare dai miei due vecchi gli ultimi due libri di Zerocalcare: “Macerie Prime” e “Macerie Prime: sei mesi dopo”.

Divorati. I libri di Zero li apri inizialmente con lo spirito di farti quattro grasse risate in romanesco, ma poi ti rendi conto che dentro c’è qualcosa di più. E sei tu dentro il libro di Zero.

Mentre li leggi ti rendi conto che quella può essere la storia di qualunque trentenne italiano, compresa la tua. Una generazione di trentenni che tira a campare tra lavori che non li valorizzano per quello che hanno studiato oppure che non riesce a darsi quella stabilità che rifugge e desidera al tempo stesso.

Il desiderio di un figlio che non sai come trasformare in realtà, i bei ricordi dei pomeriggi passati con gli amici a bighellonare. Il voltarsi indietro e pensare ai bei momenti che non torneranno mai, e rendersi conto che, per quanto uno ci provi, inevitabilmente il tempo ti cambia.

Tutti hanno un amico Cinghiale, che pensava solo a “scopa’” ma che sarà il primo a sposarsi, e tu sei puntualmente spaiato, ma poco ti importa perchè “c’hai un botto di robe di lavoro che ti impicciano”. Un amico Secco che ti chiedi “ma perchè” ad ogni sua azione e poi ti stupisce perchè così scemo non è. Abbiamo un’amica Katja che sta con uno immancabilmente più vecchio della compagnia, li vedi destinati a vivere insieme e poi qualcosa rompe la loro routine. Tutti abbiamo una Giuliacometti che… (leggetevi il libro sennò Zero mi chiede i danni per spoiler).

E mentre arrivano gli “accolli”, passiamo le nottate davanti al PC per portarli a termine vediamo fuori dalla nostra finestra Rebibba, ma ognuno vede la sua “Rebibbia”, che può essere un quartiere di Roma, Milano o un paesino della provincia profonda del nord.

Ed è quel luogo dove tutto resta immutato dentro di noi, e dove cerchiamo di tenere inseme tutti i pezzi, tutti i granelli più importanti. Fino all’ultimo.

P.s. La foto non è casuale, la mia “postazione” casalinga di lavoro con tre monitor e i libri messi sopra la tastiera…

P.p.s. Zero, se mai leggerai questo post, tranquillo: non sono di Stocazzago…